Si ritiene generalmente che l’educazione danese verso i bambini sia la migliore; questa si basa sul dialogo con i bambini e sul lasciare loro la libertà di esplorazione fisica e psicologica incanalandola nella creatività senza troppe ingerenze degli adulti. Questo porterebbe ad una corretta e armonica maturazione dei bambini rendendoli poi adulti equilibrati e responsabili. Spesso nella pratica non è così.
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I Genitori troppo presenti
La tendenza è quella di proteggere i propri figli dalle insidie della vita e questo è giusto in linea di principio, dal momento che la vita oggi presenta tali e tanti pericoli in cui i bambini e i più giovani possono facilmente cadere.
La responsabilità di un genitore in questo è grande ma occorre dare un equilibrio in questo, essere iperprotettivi è dannoso per i figli.
Facile adagiarsi al genitore delegando a questo ogni cosa, ogni decisione. I genitori iperprotettivi portano ad una deresponsabilizzazione dei figli, ad una mancata maturazione, in ritardi nell’autonomia e all’esposizione ai pericoli perché non si può essere proprio sempre presenti.
Il compito del genitore è quello di rispondere alle giuste esigenze dei figli, sia di carattere fisico che affettive, accrescendo l’autostima e l’equilibrio psicologico degli stessi, il loro senso di fiducia in se stessi e nei genitori che devono essere un punto di riferimento.
L’iperprotezione, però, significa sostituirsi ai figli nelle decisioni, negli atti concreti, togliendo autonomia e responsabilità e questo è assolutamente deleterio.
L’eccessiva presenza genitoriale
Il bambino ha la necessità di esplorare e con questo fare le sue esperienze che lo portano a crescere in ogni senso. La presenza degli adulti consente loro di avere maggiore fiducia in ciò che fanno, di sentirsi comunque protetti e tutelati ma se la presenza diventa invadenza e in ogni azione del bambino accorre l’adulto a rettificare e perfezionare l’azione stessa, il bambino svilupperà una insicurezza in se stesso.
L’insicurezza che ne deriva sarà portata con se anche nell’età adulta, facendone un adulto debole, insicuro, con problemi potenziali sia di tipo relazionale che di espressione delle capacità anche nell’ambiente lavorativo.
I problemi in età adulta
L’intervento di tipo iperprotettivo del genitore nelle azioni del bambino genera il concetto di non essere capace, di aver timore anche a tentare, di provare le esperienze, appiattendo la personalità del bambino che si trova legato a ciò che il genitore decide per lui.
Chiaramente questo significa che quando il bambino diventato grande si troverà a dover prendere delle decisioni e a prendere una strada autonoma, si troverà in ansia e con mille timori, insicurezze che facilmente gli faranno assumere decisioni non corrette.
La sua sensazione di non capacità di prendere decisioni, di sbagliare sempre, potrà portare anche alla depressione, soprattutto se ad un certo punto, com’è nella natura delle cose, la guida che è stata fino a quel momento e su cui il giovane adulto si è sempre adagiato viene a mancare all’improvviso.
Disinteressarsi del bambino?
Quanto detto sinora significa forse che bisogna disinteressarsi di ciò che fa il bambino, lasciarlo a se stesso, ad arrangiarsi? No, anche questo sarebbe un errore.
Il bambino ha bisogno della presenza e del sostegno del genitore che deve vigilare su ciò che fa suo figlio ma anche lasciandolo libero di sbagliare e trarre dai propri errori l’insegnamento, la crescita che gli permetterà di non ripetere gli stessi errori.
Compito del genitore è dare le indicazioni fondamentali al bambino che però dovrà sviluppare la capacità di fare nel modo corretto attraverso gli errori e trovare il modo di fare attraverso lo sviluppo spontaneo del Problem Solving.
Niente controllo continuo ed esasperato, quindi, che conduce inevitabilmente all’insicurezza ma sostegno e anche sorveglianza lasciando al figlio la massima libertà di maturare esperienze. Un comportamento corretto ed equilibrato porta ad una corretta crescita e maturazione del bambino e lo renderà un adulto creativo, equilibrato, utile a se stesso e alla società in cui è inserito.