Un fatto che getta scompiglio e provoca ansia nei genitori, soprattutto nelle mamme è l’inappetenza dei bambini. Certo, può essere il segnale di qualcosa che non va, anche una cosa banale ma nella maggior parte dei casi si tratta semplicemente di un meccanismo di autoregolazione dei bambini. Cosa fare se il bambino non vuole mangiare?
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In che senso “non mangia”?
Le varianti sono molte: tra “non mangia”, a mangia poco c’è un abisso e non sempre l’affermazione della mamma che il bambino non mangia è veramente precisa.
Spesso i bambini mangiucchiano qualcosa fuori pasto e arrivano al momento di fare il normale pasto senza appetito.
Prima di affermare che il bambino non mangia, quindi, occorre analizzare obiettivamente com’è andato il pezzo di giornata che ha condotto all’ora di mangiare.
Bisogna distinguere se la sensazione della mamma (o del papà, naturalmente) è che il bambino non abbia mangiato abbastanza i poco oppure ancora nulla. Sono opinioni soggettive che spesso non rispondono alla realtà dei fatti.
Le età dell’inappetenza
I neonati, fino all’età dello svezzamento, si regolano senza alcun problema rispetto all’alimentazione. Se hanno fame piangono, se hanno mangiato abbastanza si staccano dal seno o dal biberon.
In questo periodo della loro vita l’unico alimento che conoscono è il latte, per cui non si può ipotizzare che ciò che gli proponi non sia di loro gradimento.
Se un lattante non mangia o mangia troppo poco obiettivamente, rispetto alla normale quantità di latte che dovrebbe prendere, molto probabilmente ci sarà un motivo che lo disturba.
Potrebbe avere male al pancino, un evento frequente, oppure potrebbe avere mal di gola o un po’ di febbre. Prima di allarmarti cerca di capire se qualcosa non va ma non ti preoccupare comunque, anche se salta uno o due pasti non capita assolutamente nulla, quando tornerà l’appetito mangerà tranquillamente. Se l’inappetenza si dovesse prolungare, rivolgiti al pediatra.
L’inappetenza nello svezzamento
Lo svezzamento per il bambino è una rivoluzione cui non è facile adattarsi. Dal latte, unico alimento fino a quel punto, si introducono altri alimenti, altri gusti cui il bambino non è abituato.
Facile che abbia bisogno di tempo per adattarsi e in questo periodo potrebbe fare fatica ad alimentarsi a sufficienza.
La cosa importante è insistere, eventualmente dandogli anche un po’ di latte. Generalmente i bambini amano maggiormente i gusti dolci, per cui se fa fatica ad abituarsi allo svezzamento cerca di dargli alimenti tendenti al dolce come la pera, biscotti granulari eccetera.
Gradualmente si abituerà anche agli altri gusti, la cosa da evitare è essere eccessivamente insistenti, corrergli dietro con il piatto e cose di questo genere.
Il rifiuto del cibo a due-tre anni
In questo campo di età le cose si complicano: il bambino prende consapevolezza della propria volontà e costruisce la propria identità anche attraverso l’opposizione.
Questa è l’età del “No” cominciata già intorno all’anno di età. Il bambino particolarmente ostinato ed oppositivo, quindi, non è un bambino capriccioso ma un bambino che sta vivendo la sua fase di crescita verso una nuova consapevolezza.
I genitori dovrebbero essere consapevoli di questa situazione e non bollare il bambino come un essere che fa le bizza e i capricci ma allo stesso tempo occorre non cedere al bambino che vuole altro da mangiare rispetto a quanto proposto.
Se non vuole mangiare quello che la mamma gli ha preparato lo si riproporrà ancora al pasto successivo. In ogni caso se il bambino non vuole mangiare, senza drammi è bene togliere il piatto e non dargli altre cose.
Compito dei genitori è comprendere se sono in atto queste dinamiche o se alla base del rifiuto del cibo c’è un altro motivo che lo genera.